Esisti solo se vai in tv: talenti allo sbaraglio
Si chiamano Talent Show e imperversano ormai su tutte le reti: pubbliche, private, digitali, pay e, persino, in quelle locali.L’importante è esibirsi, farsi vedere e, magari, farsi ricordare. Sia pure per pochi giorni.È la legge dello show-business televisivo: esisti soltanto quando vai in tv. I social possono contribuire con i “like” e le faccette. Ma quello che conta era e resta “provarci”.
Ma provare a fare o a essere cosa? Secondo Anna Pettinelli, storica conduttrice della radio da 40 anni, i talent hanno solo umiliato la musica e la canzone. “Sono programmi che hanno dato il colpo di grazia alla credibilità della musica e da prodotto culturale che è la stanno trasformando sempre di più in una merce usa e getta”.La pensano allo stesso modo anche molti direttori di orchestra e autori di canzoni e brani di successo. Alcuni di loro hanno collaborato con i talent più famosi e seppur mantenendo celata la loro identità, confidano al giornalista le loro perplessità: “Ho cercato di contribuire come potevo a indirizzare molti di questi format verso una prospettiva che valorizzasse il vero talento, a partire dal casting. Ma si scelgono concorrenti che fanno spettacolo, lasciando fuori quelli che hanno vera stoffa”, dice un compositore italiano.In una vecchia intervista, Anna Pettinelli sosteneva – giustamente, a nostro avviso – che nessun vero attore o attrice è uscito dal Grande Fratello. L’unica eccezione è stato Luca Argentero: ma lui, proabilmente, ce l’avrebbe fatta lo stesso a farsi notare, prima o poi. Il suo talento non è figlio di un… talent. Per il resto, confermano i frequentatori di questi spettacoli, si tratta di masse di delusi o meteore: oggi tutti li osannano e domani nessuno se ne ricorda.
La passione non basta, insomma. Così come il talento da solo non è tutto: “Bisogna studiare, impegnarsi, sacrificarsi, lasciarsi guidare e avere l’umiltà di crescere un passo alla volta – conferma un famoso direttore d’orchestra della Rai – altrimenti, non si fa altro che alimentare facili illusioni e sogni che portano tanti giovani a bruciare le loro vite, per niente”. Il talent show è oggi diventato nell’immaginario collettivo quello che vent’anni fa era il karaoke televisivo: basta avere un po’ di faccia tosta e salire su un palco davanti alle telecamere e chiunque può diventare personaggio. Ma essere artisti, cantanti o musicisti è un’altra cosa. Fare carriera significa preparazione. E così come non si diventa medici leggendo wikipedia, neanche si può credere di diventare Bocelli o Madonna scimmiottando il divo del cuore. I talent, insomma, sono diventati il Paese dei Balocchi di collodiana memoria: solo che qui i Lucignolo hanno la capacità di sedurre milioni di giovani e di adulti, mentre ignari Pinocchio si lasciano abbindolare, facendosi usare come fossero fenomeni da baraccone.