Italiani Bamboccioni? Il problema è “economico”
Sette milioni di ragazzi under 35 vivono ancora a casa con mamma e papà: questo il quadro italiano di oggi. La situazione è tra le più critiche degli ultimi 15 anni. L’Italia rientra tra i Paesi europei in cui i ragazzi vivono più a lungo in famiglia. In Svezia l’età media in cui si esce di casa è 19,7 anni, in Danimarca 21,1 e in Finlandia 21,9. Età nettamente inferiore rispetto a quella dei giovani italiani. Due italiani su tre sotto i 35 anni non sono ancora usciti dalla casa di famiglia.
Dati che fanno riflettere non solo sulla cultura mammona italiana ma soprattutto sulle effettive possibilità che i giovani (italiani) hanno per essere economicamente indipendenti. Stare a casa con mamma e papà è obiettivamente comodo. Non si hanno responsabilità, spese, doveri. Tutto è pronto e a disposizione. Ma fino a che punto questo prevale sulla libertà e sull’indipendenza? È davvero più facile restare a casa o giunti ad una “certa età” diventa difficile la convivenza per tutti i componenti della famiglia? Se si pensa alla situazione italiana degli ultimi anni non si possono che giustificare le scelte che i giovani sono stati costretti a fare. Trovare un lavoro retribuito in maniera soddisfacente è quasi un miraggio per la maggior parte dei ragazzi. Avere la sicurezza che questo lavoro sia stabile e duraturo è quasi utopia. Gli affitti degli appartamenti sono pari allo stipendio percepito. Allora diventa impossibile allontanarsi da casa. Se alle spalle non si ha una famiglia che può aiutare il figlio a far fronte a spese che matematicamente non può sostenere è ovvia la conseguenza per cui questo non esca di casa.
Ma allora come si potrebbe venire incontro ai giovani di oggi? La crisi ha colpito tutti, dai più giovani ai più vecchi. Il lavoro scarseggia. Le tasche si svuotano sempre di più. Per risollevarsi i tempi sono lunghi e richiedono fatica. Ma il problema dell’indipendenza economica non può essere rimandato ancora. In altri Paesi europei vengono fornite delle protezioni sociali ai giovani per permettere loro di costruirsi un futuro indipendentemente dalle possibilità della famiglia di origine e anche se privi del reddito necessario. Tali protezioni consentono ai ragazzi di costruirsi prima, rispetto a quelli dell’Europa meridionale, un futuro, una famiglia. In Italia l’accesso al lavoro, l’ingresso in una casa propria, il matrimonio, i figli sono tutti passi che vengono spostati sempre più in là con l’età. Dai 20, ai 25, ai 30 e ora ai 35 anni. È importante fornire ai ragazzi tutti gli strumenti possibili per costruirsi un futuro.
È troppo semplice pensare che tutti i sette milioni di giovani che stanno ancora a casa siano degli scansafatiche che non vogliono lavorare e prendersi le loro responsabilità. Bisogna pensare che la maggior parte di quei sette milioni sono ragazzi diplomati, laureati, volenterosi e pronti al sacrificio pur di avere un lavoro e una casa. Disposti a spostarsi, a rimboccarsi le maniche anche da giovanissimi pur di garantirsi un futuro. Allora perché non dotare tutti loro degli strumenti adatti? È davvero più facile classificarli come bamboccioni piuttosto che ammettere una falda nel nostro sistema? In un Paese in crisi non è semplice affrontare tutte le problematiche. La scelta delle cose prioritarie a cui dedicarsi è una questione delicata. Le esigenze a cui far fronte sono molte e tutte importanti. Ma se non si punta sui giovani su chi lo si fa? Se i giovani sono il futuro, come si dice, allora la priorità va data a loro. Solo in tal modo possono affrontare la vita non gravando sulle spalle dei genitori che con grandi sacrifici ancora li sostengono e sostentano. Bisogna dare maggiori garanzie in ambito lavorativo con contratti e stipendi che permettano davvero di mantenersi. Sostenere tutti quei ragazzi che hanno idee e forza di volontà. Dimostrare che vivono in un Paese che li supporta e che offre loro grandi prospettive. Premiare chi davvero ce la mette tutta, ritornando così ad un sistema meritocratico. Se davvero il fattore economico è quello che più preoccupa i giovani di oggi con maggiori sicurezze in ambito lavorativo il problema non sussisterebbe, o quasi. Solo allora si potrebbero distinguere i veri bamboccioni da quelli che non hanno le possibilità. Con sostegni allo studio e all’inserimento al lavoro lo Stato darebbe la giusta spinta. In Scandinavia, ad esempio, questo avviene da anni. Il risultato? 1 giovane su 25 vive a casa con mamma e papà. Guardiamo gli esempi positivi per prendere spunto e incoraggiare i cambiamenti